Questo nuovo articolo nasce dalla domanda che Enrica mi ha fatto, nei commenti all’articolo “3 regole etiche per proteggere il nostro nocciolo duro professionale”.
Nel suo commento, Enrica mi chiede:

Cosa consigli ad un giovane professionista che con un particolare cliente, o in un nuovo ambiente di lavoro, si ritrova appiattito ad immagine e somiglianza del datore di lavoro / committente?
Professionisti junior come me hanno comunque il diritto di proporre ed imporre (eventualmente) il proprio modo di fare?

È una domanda molto interessante di cui sono grata ad Enrica, perché mi dà la possibilità di coltivare un dialogo con chi mi legge, e di nutrire il confronto su temi che toccano il cuore di tante persone.
È anche un’occasione per condividere pubblicamente alcune riflessioni che sono al centro del percorso di ricerca del proprio “genio nativo” di orientamento professionale e crescita personale dedicati ai liberi professionisti e a tutte le persone che stanno cercando di costruirsi nuovi spazi e risorse lavorative.
Stiamo parlando, molto in sintesi, di:

  • Libertà d’azione versus azione condizionata: quanto ci sentiamo cavalli o cavalieri nel nostro lavoro, cioè: quanto mi sento padrone dei miei movimenti professionali? Quanto sono invece condizionato (da necessità economiche, bisogno di fare esperienza, desiderio di costruirmi una clientela…)?
  • Fonte motivazionale: perché scelgo o meno di fare una certa cosa o stare in una certa situazione?

Seguirò l’immagine del cavallo e del cavaliere per parlare di questi punti, che riflettono bene la dialettica libertà/condizionamento, e userò l’immagine del centauro per tratteggiare un possibile modo per gestirla.
Il cavallo è il simbolo dei nostri istinti, del nostro lato selvaggio, la parte di noi che vuole muoversi libera, senza briglie né condizionamenti, seguendo la propria voglia del momento di andare o di fermarsi, di correre o trottare.
Il cavaliere simboleggia il pensiero, la parte di noi che vede la meta, e guida passo dopo passo il cavallo ad arrivarci, spronandolo e incoraggiandolo a saltare gli ostacoli.
Il cavaliere senza cavallo non esiste.
Il cavallo senza cavaliere non può raggiungere un certo tipo di risultati.
Quindi possiamo capire che la loro integrazione è vitale, e che ci sono cose belle sia nell’essere cavallo, sia nell’essere cavaliere.
Questa consapevolezza ci può essere di aiuto nel valutare appropriatamente sia l’essere liberi che l’essere vincolati, e nel trovare aspetti apprezzabili nell’uno e nell’altro.
Entrambe le condizioni possono infatti avere un senso, uno scopo, un vantaggio.
Riconoscerlo può essere determinante per costruire o rilanciare la nostra motivazione in una certa situazione dove ci sentiamo oggetto di pressioni e condizionamenti.
E allora partono le domande (ormai dovreste saperlo che io rispondo a una domanda con altre domande!).

  • Quali tratti “cavallo” e quali tratti “cavaliere” puoi riconoscere nella situazione professionale che stai considerando, che stai vivendo?

Prendi un foglio, disegna due colonne e scrivili tutti. È importante vederli scritti.

  • In quali tratti questa esperienza professionale ti chiede di lasciarti guidare, ti mette briglie e paraocchi e ti chiede di seguire la direzione indicata senza metterla troppo in discussione?
  • E in quali tratti la situazione lavorativa che stai considerando ti fa sentire cavaliere, in controllo, con le redini in mano?
  • Cosa puoi apprezzare dell’essere cavallo? E cosa dell’essere cavaliere?

Metti un “+” accanto a tutti i tratti “cavallo” e “cavaliere” che, oggi senti di poter apprezzare, di cui riesci a sentire una ricaduta positiva nella tua vita.

  • Quali vantaggi ti offrono le due condizioni? E quali svantaggi?

Prendi un nuovo foglio se hai esaurito il precedente, e dividilo in due colonne. In una colonna scrivi tutti i vantaggi che puoi oggi cogliere nell’essere cavallo, e nell’altra fai lo stesso con l’essere cavaliere.

  • Considera i tratti “cavallo” della situazione che stai osservando: come ti permettono di servire al tuo più ampio progetto di crescita personale e professionale? Quali altri vantaggi ti offre questa esperienza?
  • E come i tratti “cavaliere” stanno contribuendo a costruirti, darti, senso di efficacia personale e autostima? Quali altri vantaggi ti offre questa esperienza?

Queste domande possono aiutarti in una presa di consapevolezza e di responsabilità rispetto alla situazione in cui ti trovi, e permetterti di apprezzare il bello che comunque puoi coglierci.
Vorrei ora invitarti a riflettere sull’immagine del Centauro, che per me è una risorsa chiave nel guardare alla domanda di Enrica.
Il Centauro è infatti simbolo dell’integrazione fra il nostro lato cavallo e il nostro lato cavaliere, l’istinto del cervello paleocorticale, e le funzioni cognitive della neocorteccia.
Da una parte abbiamo quindi la risposta immediata attacco/fuga ad una situazione di discomfort, dall’altra abbiamo la funzione della valutazione della realtà, che ci spinge ad acquisire una visione più ampia della situazione, e frena l’impulso attacco/fuga del sistema limbico (e quindi le reazioni impulsive di rabbia o paura che una situazione ci suscita).
Fra le due, troviamo la funzione integratrice e mediatrice del sentimento, del sentire, che ha sede nel cuore, il cui campo elettromagnetico è molto più potente di quello del cervello e che Stephen Buhner ci ha insegnato essere un vero e proprio organo di percezione e cognizione, l’organo con cui possiamo sentire il mondo e con esso ac-cor-darci.
Nelle pratiche di intelligenza primitiva l’attivazione della nostra capacità di sentire e accordarci, intonarci con quello che ci circonda è infatti la costante, e la base.
Quindi ti chiedo: tu, come ti senti?
Quando un cliente o un interlocutore professionale ti tratta in un certo modo, ti pone certe richieste, ti invita ad andare in una direzione che tu magari spontaneamente non avresti cercato né scelto, come ti senti?
Per poter rispondere, ti invito a farlo non dalla testa, ma dalla tua interezza, attivando la tua intelligenza primitiva, con questi semplici passi:

  • Stirati, e fai tutti i movimenti di cui hai bisogno per ritrovare, ora, il tuo comfort fisico
  • Mentre ti stiri, ascolta il tuo respiro, e segui il piacere del movimento, fino a quando senti che è sufficiente, e che ti senti pienamente presente, in tutto il tuo corpo e il suo movimento interno (respiro e circolazione)
  • Prenditi qualche istante per ascoltare la tua interezza, a occhi chiusi (per attivare più facilmente uno stato di rilassatezza e ascolto) dai piedi alla testa, mettendo un filo di attenzione sulla pianta dei tuoi piedi, e il loro appoggio sulla terra, e ascoltando da dentro il tuo corpo, una parte dopo l’altra, dai piedi verso la sommità del cranio, incluso il volto, le braccia e le mani.
  • Quando senti che “ci sei”, tutto intero, ascolta i suoni intorno a te, e ascolta il suono, anche impercettibile, della tua presenza nello spazio dove sei.
  • Apri dolcemente gli occhi e sdraiati o siediti con calma in un luogo dove puoi stare un po’ tranquillo, e prosegui con la parte seguente di ascolto guidato.

Appoggia dentro di te, a occhi chiusi, la visione e la sensazione di quello che stai facendo con quel certo cliente che mette un po’ in difficoltà la tua centratura professionale e personale.
E ascolta il riverbero dentro di te, della situazione che stai considerando.

  • Quali parti del tuo corpo e del tuo essere si aprono e sorridono?
  • Quali si contraggono e preoccupano?
  • Cosa si illumina?
  • Cosa si incupisce?

Ascolta e valuta.
Io non posso dirti “molla, stacci, fai così, fai cosò”, ma proprio no!
Sei tu che hai tutte le risorse che ti servono per saperti orientare nella vita.
Non chiedere ad altri quello che devi chiedere alla tua intelligenza primitiva!
Segui accuratamente il percorso di domande che ti ho posto e sono certa che troverai le risposte che cerchi – se non le trovi ora, e continui a sentirti confuso o combattuto, abbi fiducia che qualcosa dentro di te si è messo in ascolto, e che presto ti parlerà.
A volte da soli è più difficile: se hai bisogno di guida, supporto e orientamento, sono qui per questo e posso supportarti. Chiedimi un consulto anche via skype e sarò felice di aiutarti.
Poi, passa ad applicare la prima regola etica (trovi le altre nell’articolo “3 regole etiche per proteggere il tuo nocciolo duro professionale”), quella che ti invita a osservare quali opportunità ti apre quella situazione.

  • Se rifiuti questa situazione, avrai più o meno opportunità (di crescita, sviluppo, conoscenza, esperienza…)?
  • E ancora: questa situazione porta vita a te? Porta vita agli altri? Porta vita alla vita?

Con queste parole Maia Cornacchia ci restituisce alla saggezza con cui gli Indiani d’America guardano alle circostanze della vita.
Una volta mappata la risposta della tua intelligenza primitiva in questo modo, non ti resta che abbracciare sinteticamente con la tua attenzione, in uno sguardo “a volo d’uccello”, la situazione che stai considerando, e andare con fiducia e senza troppe pippe nella direzione che ti chiama.
Vai con fiducia, abbandonati al movimento che ti si sta presentando, e ti assicuro che ci troverai sempre e comunque un insegnamento.
Ogni strada che scegliamo ha qualcosa da darci. Il problema, quello che ostacola la nostra fiducia, è che spesso riconosciamo l’apprendimento che una certa situazione ci offre solo dopo averla attraversata fino in fondo. Non riusciamo cioè a intuirlo prima di scegliere! È un po’ una fregatura, ma è anche la bellezza della vita: ci sorprende con insegnamenti imprevisti (e spesso non richiesti!).
Poi: c’è una pratica molto semplice, ma efficace, che propongo nei percorsi individuali con me: è quella della ricerca del nostro Mentore Interno, la nostra parte saggia, più connessa con la nostra intelligenza primitiva, quella voce in grado di confortarci, e guidarci verso il meglio per noi, momento per momento.
Per tutte le persone con cui lavoro, vedo i risultati di questa pratica nella riconquista di una bussola interna che permette alle persone di orientarsi, da soli, di fronte alle difficoltà quotidiane.
Chiedimi di più e ti guiderò in questa semplice pratica di riconnessione con il tuo mentore interno.
Dopo averti risposto con mille domande, posso però condividere con te anche un pezzo della mia esperienza.
Negli anni 2005-2008 dicevo ai miei clienti molti più sì di quanti ne dico oggi.
Avevo quasi 10 anni di meno, ero all’inizio della mia carriera ed avevo una gran voglia di misurare le mie capacità, confrontarmi con situazioni sfidanti in cui potermi conoscere e riconoscere, accumulare casistiche professionali. Ero avida di apprendere tutto quello che potevo sul mondo aziendale da cui mi sentivo in qualche modo attratta, e nel quale sentivo di avere delle risorse da mettere in gioco.
Lavoravo come consulente e formatrice in aziende di ogni tipo, con giornate lavorative che spesso iniziavano alle 7am e finivano alle 9pm.
Guadagnavo all’epoca circa il triplo di quello che guadagno ora al mese.
Arrivavo a casa la sera senza energie, svuotata e abbastanza incazzosa, capace solo di buttarmi sul divano dopo una doccia bollente e sfiorire nel sonno poco dopo.
Passavo le giornate a migliorare l’organizzazione di aziende con una missione che non c’entrava nulla con la mia, in contesti distanti dalla mia filosofia e dai miei valori.
In un’azienda addirittura mi ricordo che, ogni volta che ci andavo, avevo la sensazione che mi stesse venendo una malattia terminale! Giuro, ci ridevamo sopra con l’altro consulente con cui lavoravo lì, ma la sensazione era quella!
E dopo 2 anni e mezzo, al termine di un impegnativo progetto di cambiamento organizzativo, ho improvvisamente sentito che quella strada si era esaurita, non aveva più senso per me starci.
L’avevo scelta così, un po’ per inerzia, un po’ perché mi faceva piacere mettere da parte qualche soldo per i miei viaggi, e la cosa è girata bene per 3 anni e rotti.
Ma in quel momento era chiarissimo che quello che quella strada aveva da darmi, l’aveva dato tutto!
Il frutto era giunto a maturazione: basta! Potevo lasciare andare la mela giù dal ramo.
E ora, stimolata dalla domanda di Enrica, guardo indietro e capisco che in realtà non mi ero persa: quei 3 o 4 anni così apparentemente fuori dal mio centro e dai miei valori, in realtà erano il seme del mio futuro, del mio oggi centrato e pieno, e felice, e connesso.
Con quel lavoro, ho messo da parte i soldi che mi servivano per andare alle Hawaii a fare il training come drum circle facilitator con Arthur Hull, e molte altre formazioni importanti in giro per il mondo, e cambiare per sempre la mia vita: così ho trasformato completamente il mio essere, la mia visione, ho fondato Drum Power e ho iniziato a stravolgere del tutto la mia vita professionale da consulente, arricchendola con tutte le competenze più dianose, più mie, costruendo un anno dopo l’altro la mia vera unicità professionale, il mio nocciolo duro.
Tutto questo per dirvi: non dobbiamo avere troppa paura di perderci, perché tutta la vita è un perdersi, e ritrovarsi (ti piace questa frase? Twittala!)

Ma è delicata la fase della scelta, è lì che dobbiamo ascoltarci il più possibile, e se ci si rivoltano le budella in una certa situazione, abbiamo due possibilità:

  • scegliere di starci, perché vediamo ORA l’apprendimento possibile, e scegliamo di sacrificare consapevolmente qualcosa di noi per prendere quell’apprendimento, quel vantaggio;
  • scegliere di starci comunque, perché ora non vediamo il vantaggio, ma ci sentiamo incapaci al momento di fare altre scelte, e possiamo darci l’intenzione di sentire quando sarà il momento giusto per andarcene. A volte per come siamo, per come è stata la nostra storia fino a questo momento, e per quello che della vita abbiamo capito fino ad oggi, non possiamo far altro che accogliere la condizione in cui ci troviamo con la fiducia che anche in questo potremo comunque ricevere un insegnamento, quando sarà il momento.
  • scegliere di andarcene perché non vediamo nessun tipo di vantaggio, apprendimento o esperienza interessante in arrivo da quella situazione. E quindi perché rimanere?!

Spesso i soldi sono una variabile importante delle nostre scelte professionali, tutti abbiamo bisogno di pagare la spesa e l’affitto o il mutuo alla fine del mese, giusto?
Esatto.
Quindi deve poter far parte del pacchetto di fattori da considerare anche questo aspetto.
È una considerazione che ha a che fare con il nutrimento delle nostre radici, del collegamento con la terra, con la realtà, con questo mondo.
Posso fare a meno, economicamente, di questo lavoro?
Mi costa di più (in termini di sacrificio di ideali, valori, risorse personali) prenderlo, questo lavoro, oppure lasciarlo andare?
Considerare il lato economico di una scelta non significa essere venali o avidi, ma concreti e realistici, in contatto con la terra e le nostre radici.
Ciò detto, scegliere una strada solo ed esclusivamente per soldi, con tutto il nostro essere che si rivolta potrebbe essere una scelta che mette in crisi il nostro benessere profondo.
In questo caso, la chiave è sapere che, in questo momento, per come è la nostra vita ora, per le possibilità che ci siamo finora costruiti, quella è l’unica strada che possiamo scegliere.
Ma affrontare la scelta con questa consapevolezza e con questa presa di responsabilità ci rende cavalieri e non cavalli.
E tu, in cosa ti senti cavaliere, in questa fase della tua vita professionale, e in cosa ti senti cavallo?
Cosa stai guidando consapevolmente verso la piena fioritura della tua vita personale e professionale, e in cosa invece ti senti più guidato e “condizionato”?
Sarò felice di leggere il tuo commento qui sotto, e di rispondere ad ogni tua domanda di approfondimento o chiarimento.
Diana vostra