Il mio posto

Fin da bambina, una delle cose che mi è sempre piaciuto fare quando andavo in vacanza in Sardegna, è camminare sul bagnasciuga della mia spiaggia preferita, il lido di Orrì, fino ad arrivare alla fine, dove si forma una scogliera che separa due lidi. Allora io, mossa dalla curiosità, la scalavo, per arrivare all’altra spiaggia e continuavo l’esplorazione finché non mi ricordavo dei miei genitori, che probabilmente si stavano preoccupando, e quindi tornavo indietro.

Da adulta

Di recente mi è capitato di ritornare su quella stessa spiaggia, e quando sono arrivata alla scogliera, mi sono fermata ad ammirare il panorama, cosa che da bambina non facevo, concentrata com’ero sulla mia esplorazione. Quello che ho visto era una distesa d’acqua infinita, che si infrangeva sulla costa a ritmo costante, calmo, senza fretta. Sono stata lì, ferma ad osservare quell’immagine per un tempo indefinito, e quando me ne sono andata ero pervasa da una sensazione di pace e tranquilla serenità.

Il ritorno alla quotidianità

Ritornata in città e alla vita di tutti i giorni, navigando in rete ho trovato una parola, a me ignota, che mi ha riportato subito alla mente quel momento al mare: BIOFILIA. Allora ho cercato i segreti nascosti da questa parola, per me tanto affascinante quanto poco conosciuta, e ho scoperto una filosofia che purtroppo a scuola non mi hanno insegnato, ma che forse sarebbe utile incominciare a trasmettere.

Definendo la biofilia

Letteralmente biofilia significa “amore per la vita”, una parola di origina greca ma coniata nel 1964 dallo psicoanalista e filosofo Enrich Fromm, autore de “The heart of man. Its genius for good and evil” nel quale sviluppa il concetto di biofilia, descrivendola come la tendenza degli uomini ad essere attratti da tutto ciò che è vitale. Fromm ha messo il seme per quella che verrà chiamata “l’ipotesi della biofilia” formulata da Edward Osborne Wilson, considerato universalmente come il vero padre di questa filosofia, per aver saputo spiegare, in un saggio di 190 pagine intitolato, appunto, “Biophilia”, cosa si intende esattamente per “amore per la vita”.

Psicologia

Un aggettivo che Wilson aggiunge alla definizione di biofilia di Fromm è “innata”, il che cambia radicalmente il modo di descrivere questo concetto, perché presuppone che il sentimento di attrazione verso la natura e la vita sia radicato in noi fin dal momento in cui nasciamo. Infatti, diversi studi psicologici dimostrano come, fin da bambini, siamo attratti da tutto ciò che si muove, ed è proprio dal movimento che distinguiamo se una cosa è viva o meno. Un albero mosso dal vento, una farfalla o il nostro gatto domestico, rappresentano per i piccoli umani i primi esempi di vita, ancor prima che loro stessi possano riconoscersi come esseri viventi.

E scienza

Non solo la psicologia però, ma anche la mia amata scienza (mi sto per laureare alla magistrale di biologia) dimostra quanto il legame tra uomo e il resto degli esseri viventi sia profondo, perfino a livello molecolare. L’essere umano, così come il corallo o la rondine, condividono parte dei loro geni, in percentuali diverse a seconda della distanza delle singole specie nell’albero filogenetico. Questa condivisione deriva dal fatto che tutti gli esseri viventi discendono da un unico antenato comune, chiamato dai biologi evoluzionisti “LUCA” ossia “Last Universal Common Ancestor”. Che caratteristiche biologiche avesse LUCA non si conoscono, ma vista l’universalità del codice genetico (“il codice genetico è universale” è un mantra alle lezioni di genetica) è inopinabile che la diversità biologica attuale derivi da un singolo antenato.

Come proviamo il sentimento biofilo?

Esistono diverse prove che l’amore per l’ambiente naturale sia intrinseco al nostro essere umani, come ad esempio, il fatto che immagini di ambienti naturali siano universalmente apprezzate da chiunque. Ad esempio, quale di queste due foto sceglieresti da appendere nel tuo ufficio?

Credo che la risposta sia scontata.

Il sentimento biofilo si esprime nel piacere di arredare casa con fiori e piante, nel vivere in compagnia degli animali, nella nostra contemplazione di un paesaggio naturale unico. Tuttavia, spiega Wilson, la biofilia, come tutti i comportamenti umani, è complessa, e pertanto non corrisponde solamente a sentimenti di passione e amore, ma si può esprimere anche con repulsione e paura. (biofobia)

Per quanto ci può piacere l’idea di un safari in Africa, non esitiamo a prendere tutte le possibili precauzioni (di invenzione umana) per proteggerci da eventuali attacchi di animali, insetti velenosi, o virus. Spesso, anche colui che più di tutti ama gli animali, farebbe fatica ad abbracciare un serpente o una tarantola, perché nell’immaginario collettivo sono sì degli esseri viventi, ma terrificanti.

Quindi la domanda è: perché la natura suscita in noi tutti questi sentimenti contrastanti?

Secondo la teoria di Wilson è dovuto alla nostra storia naturale. Gli uomini non sono solo esseri umani, sono esseri naturali, perché la loro storia evolutiva è direttamente connessa all’evoluzione dell’ambiente che li ha circondati per milioni di anni. Wilson stesso scrive che:

gli uomini hanno affrontato la natura con qualsiasi cosa di cui disponessero, rubacchiando cibo qua e là e respingendo i predatori nel mondo che conoscevano per poche miglia quadrate.

Naturalmente empatici

È stato in quei momenti di vita a contatto con la natura, che i nostri antenati Sapiens iniziarono a sviluppare empatia nei confronti della natura. Sentimento che ha portato gli uomini ad amare la natura per ciò che poteva dare, e temerla per ciò che poteva togliere. Quindi l’intelligenza umana è entrata in gioco, e abbiamo iniziato a inventare tecniche per sfruttarla e altre per combatterla.

Relazione tra uomo e natura nel DNA

Per secoli la mente umana si è evoluta in seguito alla maturazione del rapporto uomo-natura, per la selezione naturale dettata dalle modificazioni dell’ambiente stesso. Quindi secondo questa visione, ciò che influenza il nostro modo di comportarci con la natura è scritto nel nostro DNA, che nel corso dell’evoluzione è mutato, fino ad inserire nel suo codice dei nuovi geni, che ci hanno permesso di sopravvivere nel mondo naturale, fino a dominarlo (o perlomeno illuderci di farlo).

Macchina nel giardino

Quindi, rimanendo sempre nella teoria, si potrebbe dire che nel nostro genoma ci sono due tipi di geni: quelli tipici dell’uomo moderno, che Wilson chiama “macchina” (riprendendo la teoria “macchina nel giardino” del Leo Marx, secondo cui l’idea dello sviluppo tecnologico, sia stata ricondotta nell’universo del paradiso terrestre, del giardino incontaminato, con seguente alienazione dell’uomo dalla natura) e i geni dell’uomo naturale, quello per cui la natura era casa. Questo pensiero, rimane tutt’ora una teoria, perché i geni della biofilia non sono ancora stati scoperti.

Natura e psicologia

Quindi, sebbene è dimostrato geneticamente che tutti gli esseri naturali sono connessi, uomo incluso, gli studi sulla biofilia rimangono confinati al campo delle scienze psicologiche.

Sempre più spesso si sente parlare di ecopsicologia. Da anni infatti si studiano gli effetti positivi della natura sulla psiche umana, di come stare a contatto diretto con l’ambiente naturale sia in grado di rilassarci, di farci disconnettere dal mondo artificiale che abbiamo creato nei secoli.

La biofilia è istintiva, ma dimenticata

Ed è qui che sta il punto chiave della teoria di Wilson, ossia che la biofilia, è innata e istintiva. Tuttavia, crescendo e partecipando sempre di più alla vita moderna, questo istinto viene a mancarci, perché non abbiamo l’occasione di allenarlo. Perciò la biofilia è una forza che va cullata, esercitata e coltivata, per mantenerla viva dentro di noi.

Ormai la specie umana si è spinta troppo oltre per poter tornare ad una vita completamente naturale, siamo culturalmente troppo evoluti e sarebbe umanamente impossibile.

Alienazione

È necessario renderci conto che ci siamo allontanati dalla natura in favore della tecnologia, ma proprio partendo dalle nostre conoscenze, dalla nostra intelligenza, possiamo trovare la soluzione ai nostri problemi. Secondo Wilson la soluzione sta proprio nel ritrovare il nostro amore per la natura, esercitare la nostra curiosità e il nostro interesse per ciò che la caratterizza, perché conoscendo la natura in tutti i suoi aspetti potremo capire come salvarla.

Sentire la natura

Eppure, probabilmente la conoscenza non è abbastanza. Da qualche tempo infatti lavoro con Diana, e ho conosciuto un modo a me del tutto nuovo di parlare di natura. La natura non va solo rispettata e studiata, ma va anche sentita. Sentire la vita intorno a noi, nella natura che ci circonda, è questa la chiave per risvegliare il nostro istinto biofilo. La nostra intelligenza primitiva. A tal proposito, vi ricordo che Diana propone un corso al riguardo,ve lo linko qui.
Siamo esseri viventi anche noi, e credo che con il giusto approccio, non sia per niente difficile, anzi ci verrà naturale.

Immagine con un uomo che abbraccia un albero

Allenatevi

Se volete provare anche voi ad allenare il vostro istinto biofilo, provate a seguire questi 10 mini-esercizi che vi lascio alla fine della pagina. Per definirli mi sono ispirata a quelli proposti nel corso “Rewild your life in 7days” di Wearewildness, vi lascio il link nel caso voleste farvi un giro nel loro sito. Vivamente consigliato!

Non sentitevi obbligati a farli tutti, fateli quando ne avete voglia, ma quando lo fate seguite questa semplice regola: niente telefoni, disconnettetevi dal mondo virtuale, e connettetevi a quello naturale.

Infografica con 10 consigli su come esercitare il proprio sentimento biofilo

Silvia Arba