Se mi dovessero chiedere se preferisco il mare o la montagna, non esiterei a rispondere: il mare, ovviamente. Non che la montagna non mi piaccia, ma il fatto è che non risveglia in me quel sentimento di serenità che prevale quando sono immersa nell’acqua.

Sarà che parte della mia vita l’ho passata in Sardegna, e il mare lo porto nel cuore. Tuttavia, sono nata e cresciuta in un paesino della bergamasca, non lontano dalle Prealpi, e il fascino misterioso della montagna è sempre molto attraente ai miei occhi, anche se purtroppo non ci vado spesso. Ma ho intenzione di rimediare nel prossimo futuro.

Lee Pace è la montagna

Avrete quindi capito del tema di questo articolo, ossia la montagna, a cui è stato dedicato un filmato della serie di Nature is Speaking. La voce è di Lee Pace, che da un punto di vista diverso da quello del turista, fa capire l’importanza delle montagne nell’ecosistema globale.

Qualche appunto sulla montagna

Grazie ad un breve video trovato su youtube (che vi linko qui) ho potuto ripescare in un angolo del mio cervello, tutte quelle informazioni sulle montagne che pensavo di non sapere più. Ad esempio, che un quarto della superficie terrestre è ricoperto da montagne (in Italia occupano quasi la metà della superficie), e che il 70% delle riserve idriche si trova proprio su questi giganti rocciosi. Le montagne sono vive, lì vivono un quarto delle specie animali e vegetali. Per non parlare di tutte quelle popolazioni (un miliardo di persone) le cui tradizioni sono radicate nella montagna, dove la vita va ad un’altra velocità.

Ubriacarsi di aria di montagna

E chi, come me, vive in città, non può che accorgersene. In montagna è tutto diverso, l’aria, la temperatura, il paesaggio. È il posto ideale dove cercare la propria pace interiore, facendo escursioni o semplici passeggiate lungo gli antichi sentieri di almeno cent’anni. Quando si va in montagna, non si può non dire “andiamo finalmente a respirare aria buona”. In effetti l’aria montana è completamente diversa. La composizione è sempre la stessa, ciò che varia è la pressione parziale ( o concentrazione)  dei gas, che all’aumentare dell’altitudine si riduce. In poche parole, l’aria è più rarefatta. Ma il nostro corpo è spettacolare, e si adatta facilmente ai cambiamenti di pressione (quando non sono troppo rapidi e drastici), infatti al di sotto dei 2000 metri è difficile accorgersi del cambiamento.

Perché l’aria è così buona lassù?

La differenza di pressione fa bene all’organismo, perché innanzitutto abbassa la pressione sanguigna, il che si traduce con riduzione dello stress e più relax. Inoltre la rarefazione dell’ossigeno determina una maggiore produzione di globuli rossi, le cellule che trasportano l’ossigeno a tutte le altre cellule del corpo. L’aumento dei globuli rossi è il modo che il nostro corpo usa per compensare la scarsità di ossigeno, così, infatti, si hanno più cellule per captare più ossigeno possibile. Questa condizione ci porta a fare respiri più profondi e lunghi, quindi abbiamo più ossigeno nel sangue, e dunque al cervello e ai muscoli, facendoci sentire più svegli e in forma.

(Non per vantarmi, ma ho preso 29 all’esame di fisiologia umana, quindi questi discorsi mi appassionano non poco!)

In montagna si invecchia bene         

Sicuramente avrete sentito parlare del “potere” della montagna di allungare la vita umana. Si è parlato molto negli ultimi anni della leggenda degli Hunza, una minoranza etnica pakistana che vive isolata dal resto del mondo sulle cime dell’Himalaya, i cui membri sembravano avere un’aspettativa di vita molto maggiore di qualsiasi altro gruppo di uomini. Il motivo della loro longevità sembrava essere legato proprio alla loro vita da montanari. Tuttavia, questa notizia è una bufala, poiché non sono mai state fatte ricerche accurate sull’aging di questa popolazione, infatti a sostenere questa teoria erano i capi stessi dei villaggi Hunza, tant’è che chi ha vissuto a stretto contatto con gli Hunza per conoscerne le tradizioni, sostiene che non siano così in salute come vanno dicendo.

Soprattutto se sei sulle montagne sarde

Un discorso contrario vale invece per le popolazioni sarde che vivono nei monti dell’Ogliastra e della Barbagia (due regioni dell’entroterra dell’isola), dove vivono circa 300 ultracentenari. Questa longevità sana dei sardi è da anni oggetto di studi genetici, atti a individuare geni che siano responsabili di questo invecchiamento “salutare”, perché questi vecchietti hanno sì 100 anni, ma stanno benissimo fisicamente e psicologicamente.

Questa digressione sulla fisiologia, per dirvi quanto può essere importante per l’umanità mantenere l’aria di montagna pulita e respirabile. Non solo per il nostro benessere personale, ma per quello di tutti. Infatti, un’aria pulita implica anche acqua e terreno sani, e di conseguenza animali e vegetali in salute, con nessun rischio per noi e gli altri. Ma purtroppo, l’inquinamento e tutti le sue conseguenze, stanno danneggiando anche l’ambiente meno contaminato per antonomasia.

L’inquinamento è arrivato

In un articolo pubblicato sulla rivista scientifica “Science of the Total Environment”, si parla di uno studio condotto da diversi team universitari di tutto il mondo, in cui sono stati studiate le diverse sfaccettature degli impatti antropologici sugli ecosistemi di acqua dolce di montagna, con risultati preoccupanti.

Questo studio si è concentrato prevalentemente sulla quantificazione dei microinquinanti, ossia dei composti organici e inorganici, presenti in tutto ciò che usiamo quotidianamente, come i farmaci, la plastica, cosmetici, e molto altro. La pericolosità dei microinquinanti, oltre ad avere proprietà tossiche, è che sono anche bioattivi, cioè possono provocare delle risposte biologiche nelle cellule degli organismi viventi. Gli effetti sono altamente pericolosi.

I team di scienziati coinvolti nello studio, sostiene che questi inquinanti raggiungono anche i piccoli bacini idrici montani attraverso il ciclo idrologico, e interagendo con il bioma locale alterano profondamente gli ecosistemi della montagna. Questo determina una maggiore instabilità degli ecosistemi, che risulteranno più indeboliti e vulnerabili all’invasione di specie aliene, rendendo quindi l’ecosistema meno fruibile anche all’uomo, in altre parole: ci sarà meno acqua potabile.

Anche sul tetto del mondo

Pensate che tracce di inquinamento umano sono arrivate fino all’Himalaya, dove le vette superano gli 8000 metri! Lo riporta il sito di Greenpeace, raccontando di una spedizione compiuta da 8 squadre di suoi attivisti sulle Ande e sull’Himalya, durante la quale hanno raccolto campioni di acqua e neve per verificare la presenza di microinquinanti, in questo caso i PFC. Non voglio dilungarmi su cosa siano i PFC, ma vi dico soltanto che sono sostanze altamente tossiche per i processi naturali, possono infatti alterare la riproduzione e la crescita degli esseri viventi, tra cui anche l’uomo ovviamente. Per avere più informazioni al riguardo alla ricerca di Greenpeace, cliccate qui.

Non è ancora finita

Per capire meglio questo fenomeno di inquinamento, saranno necessari ancora anni di studi, di ricerche, che difficilmente saranno portate avanti poiché ancora oggi, i finanziamenti per la ricerca in ambito ecologico sono molto ridotti rispetto a quelli forniti per la ricerca farmacologica o biomedica (che comunque non sono altissimi). Potrebbe succedere che la scienza ci darà la soluzione a questo grosso problema dell’inquinamento, ma probabilmente sarà troppo tardi.

Possiamo fare qualcosa? SI !

Io dico sempre che è meglio prevenire che curare. Meglio stare attenti al nostro mondo. Perché noi ne facciamo parte, e qualsiasi nostra azione ha delle conseguenze, che arriveranno anche noi. Ogni ecosistema è delicato, anche quelli che ci sembrano più incontaminati, come la montagna, in realtà stanno lottando contro di noi, per non farsi sopraffare dal male che le causiamo, direttamente o indirettamente.

Il messaggio di questi video, incluso quello di cui stiamo parlando oggi, è sempre lo stesso: nonostante tutto il male che provochiamo alla natura, lei ce la farà. Quelli che non ce la faranno, saremo noi. A meno che non cambiamo rotta.

Mi chiedo se sette miliardi di persone ci riusciranno.

Io lo spero sempre, e voi? Avete fiducia nell’umanità?

SILVIA ARBA

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