Oggi, 8 giugno, come ogni anno si festeggia la giornata internazionale degli oceani. Perciò credo che non ci sia momento migliore per parlarvi del video di Nature is speaking in cui a prendere la parola è proprio l’oceano, con la voce di Harrison Ford.

Oceani e mari da salvare

Il titolo di questo mini-paragrafo è ispirato alla campagna di Sky “Un mare da salvare”, partita all’inizio del 2017 con lo scopo di sensibilizzare sulla salvaguardia dei mari e sulle conseguenze provocate dalla plastica sull’ecosistema marino, e anche sulle nostre vite. Secondo l’UNEP (United Nations Environment Programme) ogni anno finiscono nelle acque di tutto il mondo 8 milioni di tonnellate di plastica, e molti sostengono che, se questo ritmo non diminuirà, nel 2050 nei mari ci sarà più plastica che pesce.

Uno scenario apocalittico. La quantità di plastica negli oceani è tale che si sono formate delle vere e proprie isole di rifiuti di plastica, le cosiddette Garbage Patch e la più grande si trova nell’oceano Pacifico (la cosiddetta Pacific Garbage Patch) e la sua crescita non sembra fermarsi.

Non riguarda solo noi

L’oceano è l’elemento fondamentale del grande mondo che è l’ecosistema marino. Se immaginiamo l’ecosistema come una casa, l’oceano è il suo muro portante, se crepato rischia di cadere, e con lui tutta la casa. Un ecosistema è basato sull’ equilibrio dinamico tra le comunità che lo popolano, che interagiscono reciprocamente scambiandosi energia.

Se anche solo un piccolo elemento di questo delicato equilibrio venisse a mancare, tutto l’ecosistema ne risentirebbe.

Quindi immaginate gli effetti che potrebbe avere se l’elemento danneggiato fosse quello più importante. I primi a scontarne i danni sono proprio gli abitanti dell’ecosistema. Pesci, alghe, coralli, delfini, tartarughe, tutti loro stanno già pagando per la nostra inciviltà, ingerendo quantità di plastica scambiate per cibo, muoiono per soffocamento o per intossicazione. Di fatto gli oceani sono i più grandi ecosistemi acquei, la cui ricchezza deriva proprio dalla diversità delle specie che lo abitano.

Cosa succederebbe se tutti gli animali che vivono lì, no ci fossero più? Sarebbe solo un enorme bacino d’acqua senza vita, senza uno scopo. Ma finché questo non ci tocca direttamente, non dovremmo preoccuparcene, no?

Quando i pesci non sono considerati animali

Mi è spesso capitato di parlare con persone che si professavano vegetariane, ma tuttavia l’unica carne che non mangiavano era quella dei mammiferi, ai pesci non rinunciavano, come se non fossero animali. Probabilmente a queste persone faceva più tenerezza e impressione immaginarsi un capretto ucciso piuttosto che un pesciolino agonizzante su un barcone di pescatori. Ma i pesci, come tutti gli esseri viventi, soffrono quando sono prelevati brutalmente della loro vita, ma noi siamo troppo distanti dal loro mondo subacqueo per rendercene conto.

Eppure, la scienza negli ultimi decenni ha approfondito notevolmente le nostre conoscenze sugli abitanti del mare, venendo a scoprire anche i modi con cui i pesci hanno modo di comunicare tra loro, e anche che rilasciano ormoni dello stress e della paura, proprio come noi. Ma l’industria ittica è ancora lontana da capirlo, e continua a operare indiscriminatamente nei mari, pescando anche con tecniche vietate dalla legge o in periodi in cui la pesca è vietata.

Secondo quanto riportato dal sito di AnimalEquality, un’associazione autrice di un crudo reportage sul trattamento dei pesci nei mari italiani, i pesci sono gli esseri viventi che muoiono in maggiori quantità a causa dell’uomo. Se il mercato del pesce non si renderà conto del danno che sta provocando al mare italiano, nel 2048 il mediterraneo potrebbe diventare deserto, un mare silenzioso. Stiamo parlando di un evento che potrebbe verificarsi tra soli 30 anni.

Il paradosso

La cosa che mi stupisce di più è che si è iniziato a parlare di plastica negli oceani solo nel 2018! Quando ormai la situazione è insostenibile. Abbiamo inquinato i nostri mari per decenni, senza porci mai delle domande sulle conseguenze dei nostri gesti. Adesso il problema terrorizza tutti, perché con la scoperta che le microplastiche permangono nel corpo dei pesci che noi mangiamo, tutti sono a rischio.

Prima o poi avremmo dovuto pagare per le nostre azioni. A pensarci bene, non è un paradosso che noi peschiamo pesci di cui ci nutriamo dallo stesso mare o oceano che abbiamo contribuito ad inquinare?

Mi avvelenano, poi si aspettano che gli dia da mangiare.

Questo ci dice l’oceano nel video. Come dargli torto.

Siamo parte di questo mondo

Ecco, forse è proprio questo nostro considerarci intoccabili che ci sarà fatale. Perché noi non siamo diversi dagli altri animali, facciamo parte anche noi dell’ecosistema e qualsiasi sua alterazione, provoca degli effetti a catena con cui, prima o poi, dovremo avere a che fare.  

Facciamo un semplice ragionamento. Abbiamo gettato nei mari e negli oceani ogni tipo di scarto, considerandoli come dei cestini della spazzatura. Questi scarti nei decenni, si sono degradati fino a diventare, malauguratamente, cibo per pesci. Noi quei pesci ce li siamo mangiati, e continuiamo a farlo, mettendo a rischio la nostra stessa salute. Ecco, il cerchio che si chiude. Noi danneggiamo la natura, e lei ci ritorna quello che le diamo.

“Tutto ciò che dai, poi torna indietro” dice il karma, e secondo me in questo caso ci ha azzeccato in pieno.

Cambiare rotta

Quando dico che possiamo fare qualcosa per non peggiorare la situazione, non intendo dire che dobbiamo diventare degli attivisti e cominciare a partecipare a qualsiasi tipo di iniziativa per sentirci meno in colpa. Ad esempio, so di belle iniziative organizzate da enti come Legambiente che ti permettono di passare una settimana o due al mare, periodo durante il quale ti offri come volontario per pulire le spiagge. Ma se non puoi parteciparci per altri motivi, o anche non vuoi andarci, non è detto che non puoi fare niente.

L’estate scorsa ero al mare, e mentre ero in acqua ho visto che c’erano diversi tappi di bottiglia che mi galleggiavano intorno. Dopo un breve momento di rabbia per aver visto il mio amato mare sporcato da qualche maleducato, ho raccolto i tappi e sono andata a buttarli nell’apposito cestino.

Io non ho mai partecipato a iniziative come quelle sopracitate, ma questo non mi fa sentire meno attiva nella battaglia contro l’inquinamento dei mari. Questo intendo quando, anche negli articoli precedenti, dico che è necessario agire.

Credo che nella vita di tutti i giorni, anche se non viviamo al mare, possiamo fare qualcosa per salvarlo. Vi lascio scritti qui sotto 3 semplici consigli che io pratico quotidianamente. Ne trovato altri nel mio articolo Young and Green!
Poi ditemi se vi sono stati utili e soprattutto datemene voi degli altri! ?

  1. Non usare più prodotti usa e getta
  2. Seguire il principio delle 3 R per i vestiti: reindossare, riutilizzare, riciclare
  3. Se vedo qualcuno che getta qualcosa per terra o non lo getta nel cestino giusto, glielo faccio notare (gentilmente)

SILVIA ARBA

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